Recensione su Instagram(@libristorieesogni)23/04/25

“Senza un sogno in tasca non si va da nessuna parte”.
“Raccoglievamo le more” è il primo romanzo di Agata Motta pubblicato da @edizionikalos per la collana “talè” diretta da @giusy__sciacca
Aurelio, un uomo ormai adulto, fa ritorno al suo paese natio. Una casa che si svuota, persiane che si chiudono, oggetti che vengono caricati su un furgone senza alcuna cura, che custodiscono una memoria che riaffiora al solo tocco delle dita.
A chi apparteneva quella casa? Chi è Aurelio? Qual è la sua storia?
Per trovare le risposte e ricostruire le proprie radici, Aurelio inizia un viaggio a ritroso nel tempo attraverso i ricordi.
Negli anni Quaranta, in una Sicilia in cui domina il fascismo e con una guerra alle porte, vive la famiglia Vitale.
Un matrimonio felice quello di Giovanni e Maria da cui nasceranno i figli Rodolfo, Annamaria, Antonio, Emma e Palmina.
Un racconto corale narrato attraverso le voci di personaggi che si alternano nei vari capitoli e che ci prendono per mano confessandoci i loro pensieri più profondi, i loro punti deboli e i punti di forza, i loro ideali, le loro aspettative e i loro desideri in un’epoca in cui povertà, paura e morte sono all’ordine del giorno.
Personaggi ai quali è impossibile non affezionarsi e tra i quali inevitabilmente troveremo quello che resterà nel nostro cuore.
La scrittura di Agata è elegante e ricercata ma è in grado di trasformarsi in una scrittura schietta e cruda quando si tratta di descrivere eventi duri e toccanti che hanno caratterizzato i cupi anni della guerra.
Un romanzo intenso ed emozionante che rivela come l’amore e la speranza siano in grado di resistere non solo alle guerre ma anche al tempo.
Grazie di cuore @edizionikalos e @agatamotta66
Vi piacciono i romanzi ambientati durante la seconda guerra mondiale?

Recensione “Raccoglievamo le more”

Raccoglievamo le more di Agata Motta – Edizioni Kalòs

@Anna Di Mauro, 11 aprile 2025

Raccoglievamo le more opera prima della giornalista e scrittrice siciliana Agata Motta, è un romanzo della memoria e dell’appartenenza, ispirato a una storia vera, strutturato in un puzzle di quadri in successione, di cui solo il prologo e l’epilogo appartengono al presente. Aurelio Vitale, attore girovago e ribelle, nel 2002 ritorna alla terra natia e alla sua casa natale che con dolore vede svuotare dei suoi arredi carichi di memorie prima di passare in mani estranee. Mentre in cerca di antichi sapori siede al bar della piazza si sente chiedere dal cameriere “A cu’ appatteni?”. “No sacciu” risponde, ma la domanda sulla sua appartenenza scatena un’orda incessante di ricordi nello “straniero” che si fermerà solo nell’ultimo quadro del romanzo, emozionante epilogo che chiude il cerchio di una storia ambientata in Sicilia negli anni ’40, anni cruciali per la famiglia Vitale protagonista della vicenda e per il paese dove essi vivono.

Presentazione del libro con l’autrice e Costanza DiQuattro

L’Italia fascista e poi belligerante sono lo sfondo drammatico su cui si innestano le vite degli abitanti di quel piccolo mondo, microcosmo nel macrocosmo, disegnato con passione dall’autrice, in una raffinata prosa a tratti poetica, a tratti asciutta e cruda, nitida fino ad essere spietata nei ritratti dei personaggi e nelle ambientazioni, ricca di suggestioni metaforiche e stilemi, succulente sollecitazioni per il palato del lettore, invitato a gustare ciò che solo la penna può creare. La storia della famiglia Vitale scorre come un fiume in piena attraverso il racconto diretto o indiretto dei suoi protagonisti, in un vivace alternarsi della voce narrante, alzando il velo sull’intimità di una casa dove regna l’amore tra i coniugi Giovanni, impiegato alle Poste, e Maria con i loro cinque figli Rodolfo, Annamaria, Antonio, Emma, Palmina, attorniati dall’autorevole zio arciprete, l’affezionata domestica Lucia, la famiglia Crisafulli e tanti altri personaggi, tratteggiati con cura nella loro personalità e nei rapporti familiari e sociali.

Tra vizi e virtù, guerra e pace, i ragazzi crescono prendendo strade diverse, affrontando ciascuno a suo modo il periodo storico che attraversa le loro giovinezze a passi infuocati tra dittature ed eventi belligeranti, cercando come Aurelio di riappropiarsi del passato e ritrovare l’appartenenza ad affetti importanti che ti forgiano e ti segnano per tutta la vita, che ti porti addosso come una seconda pelle, che sono forza e debolezza insieme, che ti identificano, che ti confortano, che ti imprigionano, che ti salvano. È da tutto questo che violentemente l’ultimo nato di casa Vitale si era distaccato, per quel terribile senso di colpa che aveva segnato la sua vita e quella della sua famiglia, alla quale ora ritorna per ricordare e colmare il vuoto di un’assenza di cui è stato inconsapevole vittima e carnefice.

Il nostos dell’uomo che apre e chiude il romanzo è il ritorno a una preziosa vita perduta, mai vissuta, immaginata e ricostruita per bisogno, capace di rinnovare attraverso la magia della scrittura un’appartenenza che neanche la morte può appannare, perché i legami d’amore sono più forti, perché amare è ricordare e rendere eterno ciò che passa e si dilegua sul selciato, ma non nel cuore.
La forza di questo aspro e struggente romanzo sta nella complessità e ricchezza dei sentimenti, veicolati dall’attenta e amorevole ricostruzione di un “come eravamo”, offerto in un linguaggio elegante che ci tocca e coinvolge con il suo carico di evidente tenerezza per quel prezioso tessuto di odori, sapori, oggetti, abitudini, sentimenti, sogni, che la brutalità della guerra aveva interrotto, ma non distrutto, perché quest’uomo, simbolo della rinascita, è ancora capace di amare e sognare, di attingere alle radici per andare lontano, mentre la speranza accende il suo volto, il volto di chi coltiva la memoria. Ricordare in quest’opera diventa un atto sacro e un canto alla vita.

https://www.scriptandbooks.it/2025/04/11/raccoglievamo-le-more-di-agata-motta-edizioni-kalos/

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